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La castagna non eÌ€ solo un frutto, eÌ€ un mondo intorno al quale fino a un secolo fa ruotava l’intera comunitaÌ€ rurale montana del nostro Appennino.
La castagna faceva parte dell’economia familiare e coinvolgeva ogni aspetto
del quotidiano, dal folclore alla religione.

Era indipendenza economica, cibo essenziale, nutrimento a colazione, pranzo e cena.
La castagna è ancora oggi il simbolo di un patrimonio culturale e gastronomico senza precedenti, fulcro di una tradizione alimentare vastissima e che merita sicuramente

una rilettura in chiave attuale.

Poveri montanari, se sui monti coperti di ghiaccio mancassero i castagni!
Da una sola pianta ricavano tutto, la pula, il cibo, le foglie i rami secchi, i ciocchi,
e una sola pianta scaccia fame e freddo. Cada pure la neve nel silenzio della notte:
la fiamma già scoppietta; urli pure il vento nella notte: il paiolo già brontola.
E il padre dice ai bambini che gli stanno attorno, con aria solenne: Ragazzi miei, molta neve, molte castagne.

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Castanea, Giovanni Pascoli

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Il bello di quei tempi era che tutto si faceva

a stagione, e ogni stagione aveva la sua

usanza e il suo gioco, secondo i lavori e i raccolti, e la pioggia o il sereno.

L’inverno si rientrava in cucina con gli zoccoli pesanti di terra, le mani scorticate e

la spalla rotta dall’aratro, ma poi, voltate quelle stoppie, era finita, e cadeva la neve.

Si passavano tante ore a mangiar le castagne, a vegliare, a girare le stalle, che sembrava

fosse sempre domenica.

Mi ricordo l’ultimo lavoro dell’inverno
e il primo dopo la merla quei mucchi neri, bagnati, di foglie e di meligacce che accendevamo e che fumavamo nei campi

e sapevano già di notte e di veglia,

o promettevano per l’indomani il bel tempo.

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La luna e i falò, Cesare Pavese

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